Site icon La sofferenza

11 SETTEBRE 2001



Quando, questa mattina mi lasciasti lì sul marciapiede al volo

ed in un balzo scesi dall’auto porgendoti un saluto con la mano

scrutando, ansioso, nello specchietto per scorgere il tuo viso

mai avrei pensato che fosse l’ultima volta che l’avrei veduto.

Quando, accesi la sigaretta osservando, lo sguardo curioso

quella strana tipa, tutta di rosa vestita ed i suoi piedi affilati,

e la sua mano agitata, nervosa, mi squadrava nascosta da lenti nere,

mai avrei creduto fosse l’ultima donna che avrei osservato.

Quando, immergevo il mio sguardo nel caffè bollente e rivedevo,

innocente, il tuo sorriso, tu nel mezzo del cortile assieme ai tuoi compagni

correre come uno sciame d’api giocose, miele e zucchero della vita

bambino mio, mai fosse stato l’ultimo sorriso che m’avresti offerto.

Quando seduto sulla poltrona di pelle meditavo su rapporti e relazioni

sulle reazioni dell’amministratore da contenere, alle prospettive

del mercato che mi offrivano un’opportunità ed un futuro sicuro

mai avrei immaginato che esso fosse dinanzi a me infuocato e scuro.


Quando, raggiungesti l’ultimo piano e le scale mobili mi portavano lente

al piano aperto dove il cielo è più vicino alle case e son macchie gialle i taxi

la curva della terra, come fantastico trampolino con il sole per medaglia

mai avrei creduto che quello fosse stato il mio ultimo salto.


Quando, squillò il telefono e risposi, il tuo pianto acuto, mi dicevi: ti amo

e non capivo, seguivo inebetita lo srotolarsi d’interminabili attimi: ti amo

rispondevo al telefono ormai muto, il fuoco ingoiava crudele ed assurdo

la vita: la tua, la mia. Avrei fermato il tempo per sentire la tua voce in eterno.

Quando, salivo le scale quattro a quattro, il fumo acre sempre più denso e invadente

ed io bardato di asce, estintori e maschere come un cavaliere del nuovo millennio

correvo imponendo al cuore uno scudo, nascosta la paura dietro la mia armatura.

Salendo ogni piano stridente metallo, ogni atrio scroscianti cristalli, ogni passo lembi di fuoco

e donne, e uomini torcia, vento infernale e incedere lento del cemento su sé stesso

un assurdo e malefico accartocciarsi del mondo, rinchiudersi in sé dell’universo.


Immaginavo la morte meno atroce, le porte d’un inferno aperte da un volo innocente.

p.s.: scritta il 12 Settembre 2001

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